El Masegno

El Masegno n° 54

EDITORIALE

In questo numero 54 de El Masegno non potevamo esimerci dal trattare le conseguenze ambientali che si sono abbattute sulle nostre montagne, in occasione degli eventi atmosferici avvenuti lo scorso mese di ottobre. Il quadro ambientale che emerge è davvero cupo. Un disastro che fa male e che ha segnato in modo irreversibile il territorio delle nostre Dolomiti. L’ondata di maltempo ha distrutto oltre un milione di metri cubi di foresta in poche ore sulle Dolomiti tra Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli.

Una ferita profonda che impiegherà molti anni per rimarginarsi completamente. L’Agordino, il Feltrino, il Comelico, l’Ampezzano sono le zone più colpite, come pure l’Altopiano di Asiago, il Cansiglio, e la Val Visdende. Un vero e proprio disastro ambientale.

 

 

Sono paesaggi irriconoscibili quelli delle Dolomiti oggi, paesaggi che porteranno il segno di quel terribile pomeriggio di lunedì 29 ottobre 2018 quando la furia della natura ha iniziato a scagliarsi con terribile violenza, soprattutto sulle provincie di Belluno e Trento. Quella data rimarrà incisa per sempre nel cuore e nella mente degli abitanti di questa meravigliosa terra. Qualche giorno fa un servizio giornalistico di una nota rivista nazionale, proponeva ai lettori di immaginare il Monte Bianco senza neve.

Per quanto possa sembrare un’idea strana, è ciò che potrà accadere tra non molto tempo, a causa del cambiamento climatico in atto. Questi cambiamenti, causeranno la scomparsa di alcune specie che vivono in alta quota, i pendii saranno più instabili, visto che il permafrost, lo strato di ghiaccio permanente, cederà. Tra il 3 ed il 14 dicembre a Katowice, in Polonia, si è tenuta la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, ritenuta strategica e fondamentale per evitare il global warming, fenomeno considerato in costante e progressivo aumento. Fenomeno che si accompagna in modo irreversibile all’incremento della presenza di anidride carbonica nell’atmosfera.

La sfida per invertire la tendenza dell’ aumento delle fonti di inquinamento è iniziata almeno un ventennio fa, tuttora però priva di reazioni concrete. In questo contesto a rimetterci sono gli ambienti meteorologicamente più fragili, più soggetti alle turbolenze atmosferiche, tra i quali quello alpino ne rappresenta l’emblema. In montagna si possono immaginare accadimenti di importanti fenomeni connaturati alle peculiarità alpine quali valanghe, frane, assestamenti del territorio, ma non saremmo mai arrivati a prevedere un uragano come quello abbattutosi sulla montagna veneta e trentina alla fine del mese di ottobre. Molti studiosi ritengono che sia già stata intrapresa la strada senza ritorno, e valutano ormai inutile, vano e senza speranza concepire e poi mettere in atto un’inversione di tendenza o reperire un rimedio concreto.

L’idea scaturisce dalla ormai assoluta certezza che i comportamenti e gli usi che l’uomo si è dato non possono arrestarsi, anzi richiederanno un progressivo e sempre più massiccio aumento dell’utilizzo delle risorse naturali e dell’energia derivante dai combustibili fossili, dannosi per l’atmosfera. Le necessità della razza umana aumenteranno sempre più nel corso dei prossimi anni, concentrando il consumo delle risorse e la densità abitativa in un sempre più ristretto territorio, di fatto velocizzandone la desertificazione. Noi che coltiviamo l’amore e la passione per la montagna abbiamo l’obbligo morale di riportare in pianura ove viviamo le lezioni che la natura alpina ci offre nel corso di un’escursione, una passeggiata, un’arrampicata.

Noi siamo chiamati a svolgere un primario ruolo di sensibilizzazione, di avvicinamento della società alla natura ed all’ambiente. Noi non altri. E’ per questo motivo che gli amanti della montagna non possono ritenere l’ambiente alpino come un entità astratta, asettica, immacolata ed inesauribile, in alcuni casi subordinata soltanto alle passioni agonistiche e non possono né debbono scindere la natura alpina dall’habitat naturale in cui vivono. Il senso civico che necessariamente deve risiedere in noi, richiede in termini assoluti una predisposizione interiore per il bene generale, per l’amore per la natura e l’ambiente in senso ampio e noi in questo senso,senza alibi di sorta, siamo chiamati a svolgere il ruolo di portatori di tali concetti e principi.

Stefano Marchiori
Presidenze Sezione CAI Mirano

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Masegno n 54 2019