Editoriale
Il rischio… tensione dell’uomo al sublime
La radice etimologica del sostantivo sublime, deriva dal latino sublimis, composto da sub-, “sotto”, e limen, “soglia”, quindi : “ciò che è al limite”, “ciò che arriva fino alla soglia più alta”. L’essenza della natura umana è permeata da una costante tensione ad elevarsi al di sopra di se stessa, trascendendo la mediocrità e la banalità del quotidiano. Il sublime rappresenta la grande sfida alla natura da parte di una umanità che con l’Illuminismo ha compreso di aver perso la centralità nell’universo, nella cognizione di rappresentare soltanto un minuscolo organismo in uno spazio naturale e cosmico infinito. L’alpinismo in termini assoluti, rappresenta questa tensione emotiva. L’alpinismo non consiste nella ricerca delle difficoltà, nella sfida al cronometro, ma in una spinta ideale innata nell’uomo. E’ un’attività riservata a pochi, che permette di elevarsi con il corpo e con lo spirito.
Certo, lo scalatore rischia. Ma accetta il rischio con un senso di liberazione. “Il rischio peraltro è uno degli aspetti dell’alpinismo più difficili da spiegare a chi non lo pratichi.” Lo afferma l’alpinista Franco Brevini, professore universitario di Letteratura italiana nel libro “Alfabeto verticale” una delle sue ultime opere letterarie. Infatti il messaggio che traspare dai testi letterari e giornalistici presenti nei media, nelle narrazioni di episodi ed avventure legate all’alpinismo, non aiutano certamente il non alpinista. Racconti narrati da alpinisti che hanno compiuto imprese leggendarie, magari sopravvivendo a un tragedione omerico, raccontano di solito avventure davvero memorabili, ma insistono sul dato tecnico e presuppongono l’esperienza alpinistica del lettore, che diviene troppo spesso l’unica chiave per la condivisione delle emozioni. Il modello è e rimane tuttora appunto, la tragedia classica o l’epica, di cui si conosce o si capisce subito il finale: eroi e destini maledetti che tengono in sospeso il lettore nella vana speranza, di un inceppamento del meccanismo che porta inevitabilmente al disastro.
È un modello che può conquistare il lettore, se instilla il fascino dell’avventura o fa scattare l’emulazione; ma lascia agli altri tutte le loro perplessità e le loro opinioni, la principale delle quali è che gli alpinisti siano matti. Soltanto coloro che il rischio lo praticano riescono davvero a comprendere la tensione verso il sublime che da questo e per questo ne deriva. Immanuel Kant, nella sua grande opera Critica del giudizio narra testualmente: “le rocce che sporgono audaci in alto e quasi minacciose, le nuvole di temporale che si ammassano in cielo tra lampi e tuoni… riducono ad una piccolezza insignificante il nostro potere di resistenza… Ma il loro aspetto diventa tanto più attraente per quanto più è spaventevole, se ci troviamo al sicuro; e queste cose le chiamiamo volentieri sublimi, perché esse elevano le forze dell’anima al di sopra della mediocrità ordinaria, e ci fanno scoprire in noi stessi una facoltà di resistere interamente diversa, la quale ci dà il coraggio di misurarci con l’apparente onnipotenza della natura”. Del resto l’alpinista è appeso a un filo in modo tutt’altro che metaforico, ed è questa consapevolezza che fa dire a Brevini: “per me l’alpinismo è questa presenza totale verso un mondo spietato e avvincente, questa partecipazione alla vita che mobilita mente e corpo, scrollandosi di dosso l’artificio in cui siamo in ogni istante immersi”. Sul concetto di sublime e di coscienza del rischio, insito nella frequentazione della montagna, e più strettamente nell’alpinismo ai vari gradi, purtroppo l’anno appena trascorso è stato quanto meno emblematico ed ha lasciato dopo la morte di Leonardo, un secondo profondo segno indelebile sul dna del nostro sodalizio miranese.
Era inevitabile pertanto nel redigere questo editoriale non ritornare su quello che è stata il fatto più estremo e sfortunato accaduto lo scorso15 giugno. Una data che ricorderemo per sempre. La vitalità e la forza che Elisa aveva in se e che esprimeva con un sorriso luminoso e straordinario, ha lasciato un solco incolmabile ed ineliminabile nei nostri cuori e nella nostra mente. Dedichiamo a Lei lo splendido lavoro svolto nel corso del 2019, un anno vissuto così intensamente. Dedichiamo a Lei tutti i successi e lo splendido ed eccezionale lavoro svolto in un anno che rimarrà scolpito nella memoria della nostra sezione, così unico e particolare per tutti. Da parte della Scuola di Alpinismo, che ha visto un nuovo Istruttore Nazionale, un nuovo istruttore di arrampicata libera, un nuovo istruttore di alpinismo, della Scuola di Escursionismo con due nuovi accompagnatori, degli Operatori Naturalistici con una nuova operatrice nazionale e tutte, tutte le attività a cui hanno contribuito tanti soci attivi nella sezione.
Un anno così speciale, denso di toni chiaro scuri, che insieme a tante soddisfazioni è riuscito in pochi attimi a toglierci il fiato e la voce, quando il fato ed un triste destino hanno voluto rapire e strappare alla vita la nostra Elisa… Un pensiero infine corre a Costantino Azzolini, fratello del già compianto Alberto cui è intitolata la nostra sezione. Testimone di una sensibilità e rispetto verso l’ambiente ineccepibili ed inoppugnabili. Testimone di un tempo presente in cui la sensibilità sociale verso i temi ambientali appare in tutta la sua vacuità e priva di sostanza, tanto conclamata da una società ipocritamente rivolta sempre più massicciamente al consumismo più sfrenato, alla tensione verso l’effimero e all’inutile, allo spreco e ad imporre stili di vita privi di lungimiranza e di rispetto dei valori fondamentali dell’uomo. Gli slogan ed i movimenti estemporanei che nascono e muoiono in poco tempo, diventano quasi un rimedio apparente o addirittura un alibi a tutto quanto avviene nel silenzio accomodante di tutti.
Ecco allora ritornare a quanto citato prima dalla penna di Kant. L’attrazione al rischio che diventa tanto più intensa quanto più ci sentiamo al sicuro. Il rischio in questo caso non è rappresentato dal gesto alpinistico, bensì dai disastri ambientali che il cambiamento climatico inevitabilmente comporterà e quanto sentirsi al sicuro è diventata più una rassegnazione o una convinzione inculcataci dai media legati esclusivamente ad interessi di lobbies economiche nazionali ed internazionali. In questa sfida ci mancheranno Elisa e Costantino, ma in loro nome troveremo il coraggio e lo stimolo di perseverare nella lunga ed estenuante battaglia che ci aspetta per i prossimi anni, come sodalizio ed ancor più come cittadini del mondo.
Un saluto a tutti
Il Vostro presidente.
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Masegno n 56 2019