EDITORIALE
Una sfida per riprendere ciò che rimane
Il numero di questa rivista, seppur molto ricco di testimonianze e di racconti appassionati di esperienze in ambiente vissute dai soci, racconta allo stesso tempo il quotidiano di un’umanità smarrita, in cerca di una casa comune, di un legame con gli altri, in questo presente apparentemente perduto e sospeso. Perciò costretta ad inventarsi giorno per giorno, immersa nelle difficoltà quotidiane per far fronte ad un fenomeno come quello della pandemia, che inevitabilmente scopre tutti attoniti ed impreparati, lasciando il campo a reazioni di disagio e di impaziente frenesia di ripresa.
Nonostante tutte le difficoltà contingenti, legate inevitabilmente a questo particolare momento di precarietà e di limitazioni dell’agire, la Sezione ha ritenuto di pubblicare comunque il proprio “giornale di bordo”, valutando come questo numero della rivista, ancor più che nelle trascorse edizioni, rappresenti uno dei pochi momenti di aggregazione rimasti. Ancor più che nelle trascorse edizioni, in questo stato di cose, El Masegno diventa elemento cardine di spirito comune, rappresentando come non mai, momento di identità e coesione dei soci della Sezione di Mirano del Club Alpino Italiano.
E’ pur vero che non sappiamo ancora quando, ma sappiamo certamente avverrà, si tratterà di “riprovare” a diventare collettivamente più consapevoli del fatto che possiamo sempre cercare di migliorare, che non potremo mai dominare la realtà, ma soltanto di appartenere ad una comunità di destino ed a una comune condizione di fragilità, dalla quale potremo attingere il coraggio dell’agire umano e della solidarietà volontaristica. Tre shock globali hanno inesorabilmente segnato le società del nostro tempo: gli attacchi terroristici del 2001, la crisi finanziaria del 2008 ed ora la crisi sanitaria del 2020.
In tutto questo assordante chiasso di rumore mediatico che ci avvolge, pervaso dal continuo rullare di informazioni sul virus e sulla diffusione della pandemia, si sta’ altrettanto silenziosamente consumando il lento ma inesorabile declino climatico. Declino che in breve tempo porterà allo sfacelo ambientale, propagatosi ormai anche all’ambiente alpino. Ghiacciai che si sciolgono, ormai giunti al termine della loro vita, realizzazione di piste, strade e caroselli sciistici per rendere la montagna sempre più semplice da consumare, invasione di turisti affascinati dal panorama, ma ignari ed incuranti del continuo deterioramento degli elementi che compongono il paesaggio circostante.
Anche nell’atteggiamento dell’uomo verso l’ambiente stiamo di fatto assistendo ad una rovinosa inversione di tendenza. Anziché applicare nella vita di tutti i giorni i principi di sensibilità ed amore verso la natura ed il rispetto verso l’ambiente, nozioni fondamentali che presto si acquisiscono frequentando la montagna, ora assistiamo imperterriti ad una inversione di tendenza. Il generale senso di spreco e di asservimento della natura alle esigenze dell’uomo, generalmente adottati nell’ambiente di pianura ove viviamo, sta’ lentamente entrando a far parte del modo comune di frequentazione ed approccio alla montagna ed all’ambiente alpino. Temo purtroppo che questo lento ma inesorabile processo di deterioramento faccia ormai parte di un copione già scritto, verso il quale niente e nulla è più possibile fare. Il CAI ed i soci del CAI quindi sono chiamati a portare a compimento una missione che fin da ora appare alquanto difficile, che richiede un profondo processo di trasformazione da parte di tutti.
Qualsiasi processo di trasformazione richiede un preciso e comune modo di intendere la realtà e di sentirsi collocati in essa. Si potrà infondere nuova linfa al sodalizio e riprendere nuovo vigore solo se tutti insieme saremo disponibili a lasciarci interrogare dagli eventi. Ciò sarà possibile solo quando, a “far camminare in avanti” un progetto o un’idea, vi sono persone dotate di umiltà e di senso del proprio limite. Il processo di trasformazione e ripresa cui inevitabilmente saremo chiamati richiede partecipazione convinta, senza le pretese che i frutti maturino come conseguenza immediata della propria partecipazione e del proprio impegno. L’importante è non trovarci impreparati a governare i problemi e le complessità di essi. E’ tutto da reinventare in un tempo nuovo, con nuovi paradigmi. Prima di tutto il paradigma del volontariato.
Il CAI non può essere frainteso come un’agenzia, una associazione al servizio dei soci che li organizza, li coordina e li accudisce. Il senso intrinseco, originario del volontariato e l’impegno di ciascun socio deve prevalere sulla logica dei personalismi e delle deleghe agli altri delle cose che ognuno di noi è in grado di fare. Ognuno di noi nel momento in cui sottoscrive l’adesione al sodalizio deve sentire lo stimolo ad offrire il proprio contributo solidaristico alla sezione cui appartiene ed inoltre lo spirito di sensibilizzare e divulgare l’amore verso la montagna non come passione generica ed estetica ma come amore verso la natura, verso il rispetto dell’ambiente, deve insegnare al prossimo a meravigliarsi a stupirsi, proteso verso la magia dell’ambiente alpino e di quello in cui vive. Deve in sostanza offrire i propri occhi per far vedere agli altri quello che gli altri non vedono.
Stefano Marchiori
Presidenze Sezione CAI Mirano
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Masegno n 58 2021